A partire dal boom edilizio risalente agli anni ‘60, abbiamo assistito ad una continua evoluzione tecnica che ha riguardato sia differenti soluzioni di realizzazione degli impianti di riscaldamento sia il continuo perfezionamento dei sistemi di regolazione adottati. Questa rincorsa è legata a diversi aspetti, quali l’attenzione al costo dell’energia e la conseguente necessità di ridurre gli sprechi, ma anche, e non meno importanti, alle aspettative degli utenti riguardo al comfort ed al benessere termico nelle proprie abitazioni.
Gran parte delle abitazioni in Italia è in larga misura costituito da edifici residenziali aventi impianti di riscaldamento con distribuzione del tipo a colonne montanti. Storicamente, è infatti questa la soluzione progettuale più adottata per i primi impianti centralizzati, in cui i radiatori erano dotati di valvole manuali e serviti da tubazioni verticali che attraversano i piani dell’edificio. Per loro natura, questi impianti non erano quindi in grado di offrire alcun tipo di autonomia termica.
È proprio in questo contesto che nascono i primi sistemi di regolazione climatica di centrale termica.
Tale soluzione prevedeva, in maniera semplice e relativamente economica, la limitazione della potenza termica generata, specialmente nei periodi dell’anno con clima più mite (si veda Idraulica 57 per ulteriore approfondimento).
Una regolazione di questo tipo ha chiaramente lo svantaggio di non considerare in alcun modo gli effettivi carichi termici nei diversi ambienti, dovuti ad esempio ad una differente esposizione o agli apporti di calore gratuiti.
Tuttavia, tale regolazione rimane l’unica praticabile fino alla comparsa sul mercato delle valvole termostatiche, componenti che hanno permesso di superare alcuni dei limiti intrinseci delle distribuzioni a colonne montanti. L’elemento termosensibile di cui sono dotate, parzializzando la portata nei singoli radiatori, è infatti in grado di garantire equilibrio termico in ciascun locale.
Nonostante gli aspetti positivi citati, le installazioni delle valvole termostatiche dovevano e devono tuttora essere accompagnate da accorgimenti tecnici tali da compensare gli inevitabili squilibri idraulici generati dal loro stesso funzionamento, allo scopo di evitare fastidiosi rumori.
A partire dagli anni ‘70 hanno iniziato a diffondersi gli impianti a zona, ovvero impianti in cui le tubazioni verticali principali alimentano tutto il circuito interno ad un appartamento. Per questa ragione sono comunemente noti come impianti a distribuzione orizzontale, e, a differenza di quelli a colonne montanti, hanno quindi un unico ingresso ed un’unica uscita del fluido termovettore in ciascun alloggio.
Questo vantaggio costruttivo va incontro all’esigenza di una sempre più maggiore autonomia termica, grazie alla possibilità di abbinare una valvola di zona installata all’ingresso dell’appartamento ad un termostato ambiente. Quando il termostato chiede calore, la valvola, tipicamente a 3 vie, apre il passaggio verso la zona così da permettere al fluido caldo di raggiungere i radiatori. In caso contrario, la valvola devia il fluido alla tubazione di ritorno.
I primi termostati possedevano caratteristiche molto limitate ma, nel corso degli anni ed assieme all’evoluzione dei dispositivi elettronici, sono stati dotati di funzioni sempre più sofisticate, evolvendosi nei cosiddetti cronotermostati. Questi sono in grado ad esempio di variare il set-point durante le ore del giorno e, nei dispositivi più complessi, anche in base al giorno della settimana.
Il principale limite degli impianti a zona è quello di poter gestire il riscaldamento solo tramite un’unica valvola di zona, generalmente comandata da un termostato a servizio dell’intero appartamento. Di conseguenza tale soluzione non è in grado di soddisfare carichi diversificati per ogni singolo ambiente. Tuttavia, per poter limitare questo svantaggio, seppur parzialmente, gli impianti a zona più moderni sono contraddistinti da un’ulteriore suddivisione. Si pensi ad esempio agli impianti con distribuzione a collettori, tipici delle abitazioni private, in cui è frequente una suddivisione tra zona giorno e zona notte tramite due distinte valvole di zona, ciascuna comandata dal relativo cronotermostato.
Negli anni ‘80 e ‘90 l’evoluzione delle linee telefoniche e dei dispositivi elettronici stessi ha consentito lo sviluppo di quelli che di fatto rappresentano i primi tentativi di controllo remoto dei termostati. Questa soluzione inizialmente è apparsa solamente in ambito di piccole abitazioni private, in particolare nelle case vacanza o in edifici utilizzati in modo sporadico. I termostati dotati di questa possibilità non hanno infatti avuto larga diffusione in ambito residenziale per via della loro prematura tecnologia e del loro conseguente costo elevato. Quest’ultimo aspetto non era inoltre giustificato dalle funzioni molto limitate di cui disponevano, ovvero essenzialmente la sola possibilità di accensione o spegnimento del sistema di riscaldamento.
In ambito domestico, ciò che ha realmente permesso di poter realizzare comandi remoti sempre più funzionali è stata la diffusione in larga scala dei telefoni cellulari smartphone, unitamente alla sempre maggiore fruibilità della connessione Internet sia dentro che fuori casa.
Gli smartphone, rispetto ai telefoni cellulari tradizionali, hanno capacità di calcolo e connessione dati molto avanzate, oltre alla possibilità di installare applicazioni dedicate (app) a vari ambiti e utilità. Queste tecnologie sono divenute accessibili a tutti con costi sempre più contenuti, offrendo innovative possibilità anche nel campo della termoregolazione.
Nel corso dell’ultimo decennio sono così apparse nuove tipologie di termostato, detti comunemente termostati intelligenti, in grado di connettersi alla rete Internet ed essere comandati da remoto direttamente tramite una app dedicata, installabile sul proprio smartphone. Diventa quindi possibile eseguire da remoto anche comandi complessi, come ad esempio variare la programmazione in base alle effettive esigenze ed abitudini, con vantaggi sia dal punto di vista del comfort che del risparmio energetico.
I termostati intelligenti appena citati, hanno visto una rapida evoluzione nella loro complessità, passando da singoli dispositivi a sistemi più completi, aggiungendo ad esempio la possibilità di comandare a loro volta altri componenti come testine elettroniche a bordo delle valvole radiatore. In questo modo è stato possibile realizzare regolazioni e programmazioni diversificate per ogni ambiente, anche in impianti di riscaldamento in cui fino a quel momento questo non era fattibile attraverso l’uso di dispositivi tradizionali.
Le prime soluzioni di gestione di questi sistemi sono state di tipo chiuso: le regolazioni, i dati e le modalità di funzionamento risiedono in logiche ed algoritmi implementate dal costruttore stesso. Per questo motivo, i componenti che fanno parte di questi sistemi sono in grado di funzionare solamente comunicando fra di loro.
Negli ultimi anni invece, sempre di più si osserva la tendenza ad utilizzare sistemi di tipo aperto, capaci di interagire a loro volta con altri componenti di diverso ambito di applicazione e realizzati da costruttori differenti.
Si parla in questo caso di tecnologie IoT (Internet of Things), che letteralmente significa “Internet delle cose”, poiché sono proprio gli oggetti comuni ad essere collegati in rete, così da poter condividere tra di loro dati ed informazioni, predisponendo la possibilità di fornire nuove tipologie di servizi agli utenti. Pensiamo, ad esempio, in ambito residenziale, ad oggetti comuni quali lampade, prese elettriche, sensori e così via. Allo stesso modo, anche il sistema stesso di termoregolazione può diventare parte integrante di una rete intelligente: termostati, sensori di temperatura e valvole stesse possono sfruttare le informazioni ed i dati condivisi in modo da regolare al meglio l’impianto di riscaldamento in funzione delle reali esigenze.